Franchetti

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Il Testamento

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Il contenuto del testamento di Giuseppe Franchetti e reso noto due giorni dopo la morte. Ed è una sorta di bomba che stupisce tutti. Persino i cronisti della Provincia di Mantova che scrivono il 9 aprile 1903: "Verso il mezzogiorno di ieri la città venne improvvisamente e rapidamente commossa da una grande notizia. Si erano conosciute le linee principali del testamento del commendator Giuseppe Franchetti. Tolti i legati a tutti i parenti, gli assegni a tutti gli impiegati delle sue aziende di Mantova, di Milano ed altri paesi, le elargizioni e rendite vitalizie ai domestici, nonché le donazioni a tutti gli istituti cittadini, il commendator Giuseppe Franchetti ha lasciato erede universale del suo vistoso patrimonio il Comune di Mantova. Pare che al Comune non toccheranno meno di due milioni. Attenzione, questa, di qualche principio socialista, secondo il quale la proprietà privata deve trasformarsi in proprietà collettiva".

Resteranno colpiti dai contenuti del testamento gli stessi socialisti mantovani, all'estrema sinistra nel 1903, avvezzi a vedere in ogni borghese un affamatore del popolo. Con forzata ironia, leggibile già dal titolo, ("Un atto di onesta") scrive, infatti, La nuova terra, giornale socialista mantovano, sull'edizione dell' 11-12 aprile 1903: "Un atto di onestà come quello di chi restituisce un portafogli trovato, fu quello compiuto dal commendator Franchetti Giuseppe, col lasciare a Mantova, invece che ai suoi parenti, gia ricchi sfondati, la maggior parte del suo patrimonio. Ma siccome simile onesta e rara, cosi e lodata come un atto di generosità incredibile e mirabilissimo. Ne noi, che teniamo calcolo appunto delle condizioni generali d'ambiente nel giudicare il merito relativo degli individui, ci rifiutiamo di riconoscere che il defunto diede un bell'esempio ai suoi pari".

Quanto Giuseppe Franchetti fosse stimato, benvoluto, circondato dall'affetto delll'intera città, lo si capisce dai funerali, celebrati, a spese del Comune, il 9 aprile. Accorrono migliaia e migliaia di persone, tante vengono dalla provincia, un esercito di autorità e, per ricordarlo, una cascata di discorsi. C'è la solita razione di retorica, immancabile in circostanze simili, ma c'e soprattutto commozione. Dice di Franchetti il rabbino nell'orazione funebre: "Era amico della giustizia, liberale, cosciente di essere israelita". E il sindaco: "... Splendido esempio di cittadino che amò e servì con devozione di figlio la sua terra, cui diede dopo l'ultimo atto della pertinace attività anche buona parte delle sue ricchezze cospicue nel nobile intento di renderla migliore, prospera e felice".
Due brani che sintetizzano alla perfezione la caratura del personaggio, amante della giustizia e della sua terra. Come tale, Franchetti, che aveva gia speso buona parte della sua vita per far uscire Mantova dal grigiore, perché non si adagiasse nella condizione vittimistica della cenerentola, lascia gran parte del suo patrimonio, accumulato anno dopo anno con attività imprenditoriali in ogni settore, perché i giovani meno abbienti siano messi in grado di studiare, di poter perfezionare la loro arte, la loro professione, il loro mestiere. Anche morendo, insomma, guarda al futuro di Mantova.

Ma a quanto ammonta l'eredità di Giuseppe Franchetti? Chi dice due milioni, chi dice tre (per dare un'idea dell'entità di quel patrimonio, e sufficiente rilevare che il bilancio 1903 della Banca mutua popolare di Mantova, allora il maggior istituto di credito con basi mantovane, sfiorava i 18,5 milioni). Soprattutto, però, non si conoscono i contorni della volontà di Franchetti: l'eredità, questo è certo, è destinata al comune di Mantova, ma quali siano gli scopi di essa cosi come li ha definiti quello che i quotidiani cittadini già chiamano nelle loro cronache il Grande Benefattore (si, cosi, con le maiuscole), ancora non si sa. Per questo, bisognerà attendere la lettura del lungo testamento.

E la lettura è fatta dal notaio Davide Viterbi il 9 aprile e squarcia finalmente il velo sulle estreme volontà di Giuseppe Franchetti. Tolti legati e donazioni, il patrimonio e destinato al comune di Mantova perché costituisca un istituto che dispensi ogni anno assegni e premi di studio agli studenti piu bisognosi e piu meritevoli. E' una volontà, quella di Franchetti, che piu volte e stata modificata negli anni. Cinque volte.
Il primo testamento, Giuseppe Franchetti lo aveva scritto il 3 giugno 1866, a soli 41 anni. E già erano chiarissimi i suoi intenti. Scriveva: "Interprete dei pii sentimenti degli adorati miei genitori e miei amatissimi fratelli ora defunti, trovandomi in istato celibe senza prole; dispongo delle mie sostanze tutte sia mobili che immobili ovunque situate come segue: erede universale di tali mie sostanze istituisco e nomino un Istituto che dovrà ricordare in perpetuo il nome della mia famiglia Franchetti. Una Commissione composta dai miei ottimi amici Davide Frizzi di Milano, avvocato Prospero Forti di Mantova, notaio Giovanni Nicolini di Mantova, ingegner Jacopo Martinelli di Mantova e Giuseppe Viterbi di Mantova stenderà il regolamento dell'istituto che dovrà essere d'indole precipuamente educativa e con premi estendibili a tutta l'Italia".

Dieci anni dopo Franchetti precisa meglio le sue volontà. Modifica le somme delle donazioni in lire italiane (all'epoca della stesura del primo testamento Mantova era ancora provincia dell'impero austro-ungarico), e indica come dovrà essere costituita la commissione che, una volta reso operativo 1'istituto, sarà chiamato ad amministrarlo.
"... Prescrivo ora" cosi si legge "che la commissione amministratrice della sostanza debba essere composta di cinque individui da eleggersi uno dal consiglio provinciale, due dal consiglio comunale e due dalla commissione israelitica di culto e beneficenza di questa città, rinnovabile per quinto annualmente con facoltà anche a tale commissione di stendere il regolamento dell'istituto qualora la prima avesse per morte a ridursi in minoranza". Precisazioni, aggiustamenti alla primitiva stesura del testamento che sottolineano chiaramente come 1'istituto che dovrà portare il suo nome sia ormai completamente al centro dei pensieri di Giuseppe Franchetti.
Ma i dubbi non sono esauriti. In un codicillo che porta la data del 25 giugno 1889, Franchetti specifica con meticolosità tutte le sue intenzioni. "L'istituto da me nominato in erede", scrive, "deve avere per iscopo, di soccorrere con premi da determinarsi a quei giovani italiani e preferibilmente a famiglie non agiate che in qualunque ramo di scienza civile e militare, di industria e d'arte dimostrino seriamente distinta intelligenza e capacità e possano quindi fare onore al nostro paese". Nella sua generosità Franchetti continua a pensare di poter dare un aiuto a tutti i giovani italiani.

Un sogno che lui stesso avverte troppo ambizioso e il 10 luglio 1892 un nuovo codicillo propone una piccola inversione di rotta. E scrive: "Il continuo deperimento economico di questa citty e provincia ed altre mie particolari considerazioni mi inducono a modificare in parte le precedenti mie disposizioni testamentarie, ferme del resto in tutto quanto non fossero colla presente modificate. Le disposizioni riguardanti gli assegni e premi da accordarsi ai giovani italiani piu distinti, appartenenti preferibilmente alla provincia di Mantova per gli studi di perfezionamento, intendo che siano limitate ai giovani appartenenti alla città ed alla provincia di Mantova. Gli avanzi di rendita che saranno per risultare annualmente dalla predetta disposizione si dovranno erogare in sussidi a domicilio agli ammalati poveri di questa città, ed una terza parte di essa avanzi, a favore unicamente di poveri israeliti".

Ma i dubbi non sono finiti. E in quello che e l'ultimo codicillo (porta la data del 30 gennaio del 1900), Giuseppe Franchetti scrive: "Siccome poi mi e sorto il dubbio se possa essere valida l'istituzione di erede da me fatta nel mio vecchio testamento del giugno 1866 a favore di un istituto, e cioè l'erigendo Istituto Franchetti, che naturalmente sarà inesistente al momento della mia morte, cosi, per togliere ogni motivo di contestazione, col presente codicillo, a modificazione parziale del ridetto testamento, nomino mio erede universale il Comune di Mantova, allo scopo che abbia ad erigere un istituto col nome Giuseppe Franchetti, con tutti i diritti ed obblighi specificati nel testamento medesimo e nei successivi codicilli. Dispongo e voglio pero che, tosto che l'istituto sarà eretto in ente morale, la mia sostanza e tutta la relativa gestione passi, per ogni effetto di legge, al predominato istituto Giuseppe Franchetti".

Tra case, titoli obbligazionari, azioni e fondi (ben dieci fondi nel Mantovano), l'eredità di Giuseppe Franchetti e valutata intorno ai due milioni e mezzo: poco meno di uno se ne va nei vari legati, un milione e 650 mila lire restano per la costituzione di quell'istituto che il Grande Benefattore aveva cominciato a sognare sin dal 1866. A guardare la data di prima stesura e il susseguirsi, in 34 anni, di codicilli, risulta un fatto, soprattutto: Franchetti ha vissuto buona parte dei suoi anni per il suo istituto.

Ha detto giustamente in una relazione tenuta al Rotary tanti anni fa Aldo Provenzali, commissario prefettizio immediatamente dopo la liberazione e poi per lunghissimo tempo presidente del Franchetti: "... Il benefico proposito allora formulato costituì durante i molti anni che ancora gli rimasero in vita il suo costante pensiero, come dimostrano i numerosi codicilli che egli venne aggiungendo all'originaria disposizione. Perciò, mentre egli andava aumentando il suo patrimonio, veniva via via perfezionando le norme che dovevano disciplinare la munifica fondazione per renderla sempre più rispondente al nobilissimo scopo da lui vagheggiato

C'e da chiedersi, a questo punto, a quanto corrisponderebbe in lire di oggi l'eredita di Giuseppe Franchetti. Un calcolo non appare molto semplice. Si può dire, comunque, chiedendo aiuto all'Istat (istituto centrale di statistica), che certi calcoli sa farli, che quel milione e 650 mila lire e salito alla vertiginosa cifra di quattro-cinque miliardi delle lirette di oggi. E anche se si parla di lirette, la cifra resta ragguardevole.

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